La fecondazione in vitro, anche conosciuta con l’acronimo FIVET, è una tecnica di riproduzione assistita nella quale avviene l’unione dell’ovulo con lo spermatozoo in laboratorio. Lo scopo di questa tecnica è quello di ricavare embrioni che successivamente vengono trasferiti nell’utero della madre.
Se si avvierà la gestazione, questa avverrà nel modo naturale come qualsiasi gravidanza spontanea. Scopriamo insieme quali possono essere i vantaggi della FIVET e come funziona.
Quali possono essere i possibili vantaggi della fecondazione in vitro?
La fecondazione in vitro è rivolta a chi presenta delle difficoltà con una fecondazione naturale nel concepimento. Le cause possono essere varie e legate a patologie femminili, all’avanzare dell’età oppure a problematiche di carattere generico. Grazie a questo trattamento, anche le donne che soffrono di endometriosi severa che possiedono patologie tubariche oppure che si sono sottoposte senza successo a vari tentativi di inseminazione, possono aumentare in modo considerevole le possibilità di una fecondazione.
Anche le coppie nelle quali l’uomo presenta una bassa qualità spermica hanno la possibilità di scegliere la strada della fecondazione in vitro, come possibile soluzione. La fecondazione in vitro sembra avere notevoli e molteplici possibili vantaggi per tutte quelle coppie che incontrano una serie di problematiche quando decidono di avere un figlio.
Rispetto altre tecniche, come spiegato dagli esperti, la FIVET consente alle donne con problematiche alla tube di Falloppio bloccate, che soffrono di endometriosi severe, agli uomini con azoospermia e altre problematiche seminali, di riuscire nel concepimento.
Come funziona la FIVET?
Dopo una serie di visite mediche alle quali si sottopone la coppia, con conseguente diagnosi da parte di uno specialista, è possibile che venga consigliato il trattamento di fecondazione in vitro. A questo punto, si inizia una stimolazione ovarica che consente una crescita multipla dei follicoli mediante l’ausilio di una terapia personalizzata.
Solitamente alla fecondazione in vitro viene associato un trattamento ormonale che permette di stimolare lo sviluppo di più di un ovulo. L’ideale sarebbe riuscire a ottenere 8-10 follicoli per ambo le ovaie così da potere aumentare la possibilità di avere un embrione idoneo all’impianto.
Questa prima procedura non sembra essere obbligatoria perché in alcune circostanze, gli specialisti preferiscono fare riferimento al ciclo naturale della donna. Il secondo passo da compiere è chiamato “prelievo ovocitario” oppure “pick-up” e solitamente si esegue sottoponendo la paziente a un’anestesia leggera. Successivamente si raccoglie il liquido seminale del partener maschile della coppia oppure di un donatore in caso di patologie legate alla produzione degli spermatozoi.
I tecnici del laboratorio al quale si rivolge lo specialista provvederanno alla selezione degli spermatozoi più adatti e alla creazione di un ambiente per la fecondazione in vitro. Nello specifico, gli spermatozoi e gli ovuli vengono posti su una piastra di coltura, sulla quale avverrà la fecondazione spontanea. Per consentire la crescita embrionale è necessario mantenerli in un ambiente adeguato di coltura, che abbia una serie di parametri precisi come temperatura, oscurità, ph e nutrienti di base.
Il laboratorio che si occupa di embriologia e riproduzione assistita al quale si rivolge lo specialista sarà in grado di creare le condizioni ambientali più idonee al fine di aumentare le probabilità di sviluppo degli embrioni. Il terzo giorno l’embrione generalmente presenta otto cellule che racchiudono la stessa informazione genetica. Da questo momento in poi, gli embrioni avranno bisogno di altre sostanze e fattori di crescita e, quindi, sarà il momento migliore per il loro trasferimento nell’utero.
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