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L’impatto dello Smart Working sulle donne

Due anni dopo la pandemia, ora che il lavoro agile ha trovato la sua vera essenza, è opportuno porci delle domande e chiederci se lo smart working possa essere la soluzione per tanti lavoratori o, al contrario, una condanna. La paura che ha sempre contraddistinto tale pratica lavorativa riguarda l’ampliamento degli stereotipi e del divario di genere. La verità è che purtroppo il timore è fondato. Le colpe non sono solamente insite nella società, ancora radicata ad una visione tradizionale rispetto al ruolo della donna, ma spesso anche delle aziende che poco conoscono sia i benefici dello smart working che del welfare aziendale.

Una diatriba che ancora non ha del tutto trovato la quadra ma che si sta orientando nella giusta direzione soprattutto grazie ai processi tecnologici in corso.

Definire lo smart working

Darne una precisa definizione rimane pressoché difficile. Secondo la letteratura, lo smart working è un modello lavorativo contraddistinto da nuove pratiche di lavoro basate sui risultati, sulla fiducia, sulla flessibilità, sull’autonomia e sulle IT. La rivoluzione promessa dal nuovo paradigma manageriale è di permettere al lavoratore di adattare la sua vita lavorativa a quella strettamente personale. Un processo che deve essere trasmesso dall’azienda ai propri dipendenti trasformando la cultura aziendale e la mentalità individuale.

In sostanza, per giungere ad un modello corretto di smart working è importante che l’azienda metta in moto la trasformazione delle abitudini dei dipendenti incentivando la flessibilità fisica e temporale e li fornisca dei necessari supporti tecnologici. Al mancare delle suddette condizioni, sorgono rilevanti problemi che coinvolgono non solo la vita professionale dei lavoratori ma anche quella privata. E spesso a subirne le conseguenze maggiori sono proprio le donne.

Capire le difficoltà

I problemi sui quali si sono concentrati i dibattiti accademici riguardano il diritto alla disconnessione e come lo smart working abbia impattato nella vita delle donne. Nel primo caso, una delle più grandi difficoltà riscontrata dai lavoratori è di non saper gestire il tempo di lavoro da casa. Il risultato è di lavorare più ore del dovuto e rischiare il bournout, piuttosto che raggiungere il tanto famigerato work-life balance.

Rispetto al tema delle donne, diverse sono le ricerche che hanno evidenziato come lo smart workig, soprattutto nel periodo pandemico, abbia impattato negativamente sulla figura femminile. Secondo l’indagine condotta da Eurofound nel 2020 le donne hanno riscontrato una maggiore difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata rispetto agli uomini durante il lockdown e le più esposte al rischio di dover necessariamente abbandonare il mercato del lavoro a causa degli ingenti impegni familiari e domestici. Nonostante la possibilità di ridurre il gender gap grazie al lavoro flessibile, vi è ancora una visione del lavoro domestico e della cura familiare che rimane prettamente relegata alla sfera femminile per la cura dei figli, la preparazione dei pasti e le pulizie. In questo contesto i turni di lavoro non esistono più e la vita professionale diventa un tutt’uno con quella lavorativa.

L’aiuto della tecnologia

La soluzione a tali problematicità dele essere ricercata i primis nel buon senso del reparto delle Risorse Umane e nel loro saper ascoltare e capire i propri dipendenti. La strumentazione tecnologica fondamentale per il corretto svolgimento dello smart working non consiste solo nei pc, tablet e smartphone che l’azienda fornisce ai lavoratori. Riguarda anche i software di gestione, utili strumenti per aiutare i lavoratori nella loro quotidianità. Per regolamentale il lavoro agile sono necessari supporti di timbratura da remoto per evitare che il lavoratore gestisca in malo modo il proprio tempo, canali di comunicazione dove condividere istantaneamente file e informazioni, calendari condivisi con obiettivi da raggiungere e scadenze. Insomma, tutto il necessario per mettere il personale nella condizione di non lavorare più del dovuto e visionare costantemente il suo operato, in modo da capire quando potersi dedicare del tempo libero o meno.

Programmi utili anche a manager e responsabili HR, i quali dovranno comunque avere la sensibilità di riconoscere quando un lavoratore avverte la necessità di ridurre le giornate in smart working o, viceversa, aumentarle.

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